martedì 30 novembre 2010

Sconti natalizi

Carina l'idea di Lulu di dare la possibilità a noi autori di poter inserire lo sconto sui nostri libri. Direi che a questo punto il prezzario del sito americano può tranquillamente rivaleggiare con quello italiano di Ilmiolibro.

martedì 23 novembre 2010

Enrico Toti

(Roma, 20 agosto 1882 - Monfalcone, 6 agosto 1916)

Le Alpi, questo maestoso spettacolo della natura, questo baluardo che ci ripara dai freddi venti del nord e che, in teoria, ci avrebbe dovuto salvare dalle invasioni… L'abbagliante candore del Bianco è così forte che sono costretta a socchiudere gli occhi, mentre la gente intorno a me si affretta verso la funivia, imbacuccata nelle tute a vento, simili a variopinti pinguini ed abbasso lo sguardo per sbirciarmi: anch'io sembro un pinguino e la cosa mi fa sorridere divertita.
Un rapace, che non riconosco a causa del riverbero provocato dalla neve, sfreccia nel cielo terso, emettendo un acuto che rimbomba nella vallata e che richiama la mia totale attenzione. E' spettacolare.
Alcuni turisti di lingua tedesca scherzano, con le gote rosse che spiccano sulla pelle candida, i capelli chiari come oro e gli occhi azzurri come il cielo e sto per unirmi a loro, quando qualcuno mi afferra saldamente per un braccio trattenendomi. Inghiottisco l'urlo di spavento che mi è salito in gola e mi giro di scatto, rimanendo a fissarlo con occhi sgranati. Una rapidissima occhiata alla sua sola gamba destra mi fa deglutire e rimango a fissarlo incantata.
-Ora non fanno più paura, vero?- esordisce con forte accento romano.
Ammicca ai ragazzi teutonici ed io scuoto la testa, rendendomi conto che sono emozionatissima. Il mio respiro è corto, il cuore mi galoppa indemoniato dinanzi a questo giovane minuto, dai baffoni spioventi e dal naso pronunciato.
-Enrico Toti…- sussurro, ancora incredula.
Accenna un impercettibile inchino e sbircio la sua famosissima gruccia che lo sorregge.
-Ma tu ti fidi di loro?-
Capisco che si sta riferendo nuovamente ai turisti e con condiscendenza rispondo:
-Sì, mi fido. Non è più come una volta, credimi.-
Esita, poco convinto, e continua:
-Eccellenti soldati. Veri guerrieri. E' stato duro combatterli. Ma, lasciatelo dire da chi li ha visti in opera con i propri occhi, vere macchine belligeranti.-
-Oh, ma loro non sono più…-
-Le hai viste le loro trincee? Le loro, non le nostre o quelle francesi.- ribadisce. -Erano in grado di scavare trincee corredate di tutto, persino di brande comode, in metà del tempo che occorreva a noi od ai nostri alleati. Non ho mai visto trincee simili. Veri e propri baluardi invalicabili.-
Annuisce mentre parla, gli occhi al cielo, persi in un ricordo lontano nel tempo che noi, sebbene vicini all'epoca, non riusciamo a percepire nella sua piena crudezza. Posso solo provare ad immaginare i nuovi italiani, coloro che dal 1870 facevano parte dell'Italia unificata, questi giovani che, di punto in bianco, si sono visti crollare i confini tra una regione e l'altra, i sardi venuti a stretto contatto con i pugliesi, con i toscani, con i veneziani, con i romani e non più pugliesi, romani o sardi, ma italiani con tanto di patria, di inno nazionale, in tutto e per tutto uguali agli inglesi, ai francesi, agli austriaci, ai russi…
-Mio Dio… quale periodo di sublime abnegazione per il raggiungimento di un alto ideale…- sussurro mio malgrado incantata.
-Puoi dirlo forte, ragazza!- esclama con gagliardo orgoglio.
Un secondo dopo lo vedo rabbuiarsi e si china un po' in avanti, per sussurrare:
-E pensare che oggi qualcuno vorrebbe che l'Italia si dividesse nuovamente! Ma ti rendi conto?-
Posso capire benissimo lo sdegno di chi, come lui, ha donato la vita per l'Italia e mi domando cosa ne pensa dell'Italia attuale. Meglio sorvolare.
-Tu sei di Roma, vero?-
-Roma, sì, l'ultima ad essere annessa al regno, grazie ai valorosi bersaglieri.-
Gli brillano gli occhi e ne approfitto per chiedere:
-E' per questo che ti sei arruolato nei bersaglieri, nonostante la menomazione?-
-Certo! Bersaglieri in bicicletta. Be',- ammette con una certa riluttanza, -ho dovuto insistere un po'…-
Sorrido, ripensando alla sua vita, al suo incidente sul lavoro che, nel 1908 come oggi, gli ha portato via la gamba, alla sua ferrea volontà di essere in tutto e per tutto uguale agli altri, la bicicletta che lo ha portato in giro per il mondo, fino allo scoppio della guerra, la Grande Guerra.
-Il mio ardore di patriota non poteva tollerare che Trento e Trieste fossero ancora in mano agli austriaci, per questo ho fatto di tutto per arruolarmi. Ho interceduto presso il duca d'Aosta, pur di partire per il fronte.-
-Ed una volta lì?-
Lo vedo esitare un attimo, si gratta la nuca e sorride, con quel suo sfavillante ottimismo che lo ha sempre contraddistinto.
-Be', il fronte non era certo rose e fiori… Facevo la spola tra i feriti, portando conforto, posta e tutto l'aiuto possibile. Ma ero comunque un infiltrato.- ammette.
-Un infiltrato?- ripeto sconcertata.
-Che vuoi… La mia unica gamba non mi permetteva di venire arruolato; tuttavia io sono partito lo stesso, con una divisa senza mostrine né stellette, ma con tanta voglia di dimostrare il mio orgoglio di essere italiano.-
-Sei stato a lungo a Cervignano, vero?-
-Sì. Mi trovavo bene, anche se a volte incappavo nei soldati che provenivano dal fronte e non comprendevano il mio entusiasmo. Certo,- aggiunge alzando le spalle, -immaginavo gli orrori delle trincee, ma per me partecipare alla guerra significava coronare il sogno dei nostri padri che erano riusciti ad unificare l'Italia, significava legittimare Porta Pia e dimostrare che gli sforzi dei padri non erano stati vani.-
Tutto il suo volto, dagli occhi alla bocca, splende di luce propria mentre parla ed un groppo mi chiude la gola all'improvviso. Quest'uomo era animato da ideali puri, scevri di politica e di retorica, spinto solo dall'entusiasmo e dall'orgoglio di essere italiano e domando:
-Quanto ha contato per te essere romano?-
-Tantissimo. Ero il figlio dell'ultima roccaforte papalina, quella che si ostinava a mantenersi indipendente e che non ci pensava minimamente a riconoscere i Savoia come sovrani legittimi. A Roma si respirava aria strana quando sono nato, appena dodici anni dopo la presa di Porta Pia: da una parte l'atavico attaccamento al papa, dall'altro il nuovo legame al re. Ma noi romani siamo gente strana, ci adattiamo a tutto. Sono fiero ed orgoglioso di essere romano ed è stata questa consapevolezza a spingermi fino alle trincee: dimostrare il valore di un trasteverino.-
-Alla fine sei riuscito a farti arruolare.-
-Sì! Finalmente, nel 1916, mi presero nel Terzo Ciclisti Bersaglieri, la Brigata Pinerolo. Da quel momento in poi potei stare con i miei compagni in trincea e, sebbene non mi fosse stato concesso di partecipare attivamente agli scontri, rimanevo sempre con i miei compagni, e spesso leggevo loro il giornale, le lettere, perché… Be', coloro che studiavano all'epoca erano pochissimi, io sono stato fortunato a fare le elementari e non ero ignorante. Ho persino scritto su un giornale. E loro mi chiedevano di leggergli le lettere, di scriverle ed io facevo quanto possibile per mantenere alto il morale. Spesso mi avventuravo nella terra di nessuno e loro mi rimproveravano, dicendomi che era pericoloso, ma io non temevo la morte.-
-Eri un po' spericolato, ammettilo.- sorrido.
Annuisce ed inspira a fondo l'aria fredda.
Provo ad immaginarlo quando, deciso l'attacco di quel 6 agosto a quota 85, si getta con i suoi compagni contro le trincee nemiche, sorretto dalla gruccia che lo accompagnava sempre, mentre incita i compagni a squarciagola. Provo ad immaginarlo mentre si siede sul muretto della trincea e spara con il fucile a ridosso degli austriaci, animato dall'entusiasmo e sorretto da un ideale più grande di lui, mentre dalla sua bocca escono continuamente esortazioni ai suoi commilitoni.
Come per magia, sento gli spari nemici che lo colpiscono, li sento come se mi rimbombassero nelle orecchie e per un attimo il cuore mi si ferma, come colpito a morte. Sgrano gli occhi e davanti a me non c'è più la neve, non c'è più la funivia, ma solo buche enormi, fili spinati, trincee, feriti, morti ed apro la bocca per urlare, ma il grido mi muore in gola, alla stessa maniera in cui i soldati vengono falciati dalle mitragliatrici. Non so dove questi uomini prendono il coraggio a due mani e si gettano a capofitto verso la morte sicura: io questo coraggio non l'avrò mai.
Poi lo vedo, lui, irritato per essere stato colpito, afferrare la sua gruccia in un ultimo disperato tentativo e scagliarla contro il nemico, in un gesto che più eloquente non potrebbe essere. Lo vedo accasciarsi, sussurrare le sue famose parole: "Tanto nun moro io", baciare il piumetto del suo cappello e restituire la sua dolce anima a Dio.
Mi rendo conto che i miei occhi sono pieni di lacrime e deglutisco più volte per non scoppiare a piangere.
-Aho, ma che ti metti a piangere?- esclama incredulo.
Scuoto la testa ma non riesco ancora a parlare. Mi accorgo che la neve è tornata a dominare con il suo candore, manto purificatore sulle follie umane ed inspiro a fondo.
-La medaglia d'oro te la sei più che meritata.-
-Avrà consolato mia madre e mia sorella. A me è sufficiente sapere e sperare che gli italiani di oggi amino ancora l'Italia come l'abbiamo amata noi.-
-Questo… Questo non lo so.- ammetto e mi vergogno come una ladra.
Lo vedo sorridere dolcemente e sposta la gruccia per posizionarla meglio.
-Io credo… Io sono sicuro che i miei romani, quando passano davanti al mio monumento al Pincio, non possano far altro che condividere i miei stessi ideali. Se così non fosse,- aggiunge mestamente, -allora il sacrificio di tante generazioni è stato vano.-
-Non il tuo.- mi appresto ad affermare. -Noi romani non potremmo mai dimenticare. Mai.-
Mi fissa a lungo, quindi volge lo sguardo ai turisti austriaci, il pensiero perso in un ricordo lontano ed un attimo dopo lo vedo annuire, prima di svanire confondendosi con la neve.
Rimango immobile, infagottata come un pinguino ed istintivamente porto la mano al cuore, mentre nella mente mi torna un ritornello che oggi non dice più nulla, ma che era caro ai nostri soldati: "Il Piave mormorò: non passa lo straniero!".

Gabriella

Mi mancherai, mi mancherà il tuo sorriso, la tua allegria, la tua disponibilità, la tua dolcezza e la tua amicizia. Ciao.

giovedì 18 novembre 2010

Riflessione

Una volta, fino a non molto tempo fa, il reo veniva messo alla gogna, affinché tutti potessero vederlo e riconoscerlo ed evitarlo nel futuro; oggi il reo viene celato, nascosto come se fosse innocente, le sue malefatte in diretta tutelate dalla privacy, affinché un domani, scontata la pena (ammesso e concesso che la sconti), possa continuare imperterrito a delinquere.
Un paradosso del nostro progresso: si giunge a tutelare i criminali e si mettono alla gogna gli innocenti.

domenica 7 novembre 2010

Stralcio da "Il richiamo del silenzio"

Melissa parcheggiò il motorino accanto al Suzuki ed insieme ad Isa si avviò verso il Palazzo, mentre il frinire incessante delle cicale riempiva le orecchie, inframmezzato all’abbaiare dei cani che si rincorrevano giocando.
Quando le vide, Tiziano sorrise e Melissa lo salutò offrendogli le labbra.
-Ehi, ehi!- esclamò Alessandro notando il gesto. -Cos’è questa novità?-
-Fatti i cazzi tuoi.- lo rimbeccò Alice con durezza.
L’interpellato fece una smorfia ed Isa si avvicinò ad Alice, felice di trovarla lì. Questa la sorprese posandole due baci sulle guance come saluto, lasciandola inebetita, con le gote in fiamme ed il cuore che sembrava improvvisamente impazzito.
-Ci… ciao.- balbettò confusa.
-Come sei carina oggi.- si complimentò Alice con un sorriso. -Dovresti truccarti più spesso per dare risalto ai tuoi lineamenti dolci.-
L’altra arrossì ancor più, provando a dire qualcosa, senza riuscirci e la ragazza continuò con i suggerimenti:
-Io proverei a mettere l’ombretto diversamente ed a sottolineare l’occhio con una matita nera.-
-Ha parlato l’esperta.- bofonchiò Alessandro con disprezzo, sputando per terra.
Alice aggrottò le sopracciglia e stava per replicare, quando Isa la prevenne avventandosi contro il ragazzo:
-Chiudi quella bocca di merda che ti ritrovi!-
-Aho, e che avrò detto mai?- si difese stizzito con un brusco gesto delle braccia.
-L’hai offesa, stronzo!-
-Offesa lei?! Ma se ho solo detto la verità!-
Alice intervenne e si mise in mezzo, per evitare che la situazione degenerasse e con fermezza agguantò Isa per un braccio e la trascinò via, ignorando di proposito le sue proteste ed i rimbrotti di Alessandro.
Raggiunsero Melissa e Tiziano lungo il prato, che passeggiavano abbracciati come due normali adolescenti, ignari del mondo esterno, pregni solo della reciproca vicinanza. Alice li osservò senza riuscire a nascondere una certa soddisfazione, quindi si volse verso la ragazza che le camminava al fianco e disse:
-Grazie per avermi difesa, anche se non c’era bisogno: da tempo ho imparato a farlo da sola.-
Isa mise le mani in tasca dei jeans e tirò un calcio ad un rametto di albero caduto a terra, prima di rispondere:
-Difenderti contro quello stronzo è stata una vera soddisfazione.-
-Sì, ho notato la tua foga.- disse sorridendo. -Hai un bel caratterino, non c’è che dire.-
Isa si girò a guardarla e con un mezzo sorriso ammise:
-Ho dovuto imparare anche io a difendermi da sola.-
Alice annuì ed iniziò a massaggiarsi le reni, avvertendo la crisi invadere il suo corpo e con un sospiro rovistò nella borsetta per controllare di avere la siringa.
-Devo farmi.- disse.
-Non al Palazzo, spero! Lo stronzo di Alex…-
-Vieni.-
La prese per mano ed insieme raggiunsero Tiziano e Melissa che tubavano come piccioni, immersi in un bellissimo angolo di prato dove convivevano in un rigoglio naturale papaveri e spighe, con lo sfondo suggestivo dei ruderi romani, dove lucertole dal manto verde brillante si affacciavano per fare rifornimento di calore.
-Non voglio interrompere l’idillio più di tanto,- iniziò Alice allegramente, -ma avrei bisogno delle chiavi del Suzuki.-
Tiziano frugò nelle tasche con un gesto automatico e gliele porse, notando solo all’ultimo la mano nella mano delle due ragazze che si allontanavano lungo il sentiero acciottolato. Per un istante fissò la figura di Alice come se non credesse ai propri occhi e le seguì con lo sguardo fino al fuoristrada, esclamando infine:
-Ehi, si tengono per mano!-
-E allora?- rispose Melissa reclamando la sua totale attenzione. -Tra donne è normale, non siamo orsi come voi.-
-Però Alice non…-
Melissa gli tappò la bocca con un bacio, mentre le due amiche salivano sul Suzuki ed Alice si preparava a bucare.
-Qualcuno ti può vedere.- l’avvisò Isa osservandosi intorno.
-Peggio per loro.- fu la lapidaria risposta dettata dall’urgenza del momento.
Tirò su la manica della maglietta, legò il braccio e tastò in cerca di una vena. Quando iniettò il fix si lasciò andare contro lo schienale del sedile e chiuse gli occhi, sentendosi meglio. Isa la osservò, così incredibilmente donna che quasi stentava ad immaginarla in modo diverso e disse:
-Ho visto la foto che ritrae te e Morte.-
Alice riaprì gli occhi, tolse la siringa con gesti lenti e stanchi e la rimise in borsa, prima di posare lo sguardo su di lei.
-La mia vita precedente.- ammise.
-Eri un ragazzo bellissimo.-
-Così dicono.-
Isa sospirò e si morse le labbra.
-Sarebbe interessante vederti senza trucco e con abiti maschili.-
Alice corrugò le sopracciglia e scosse la testa, rispondendo con tono sostenuto:
-Io sono quella che vedi e non torno indietro.-
-Lo so. Era solo una curiosità.-
-Be’, vedi di fartela passare.-
Il tono brusco sorprese entrambe e per un attimo evitarono di guardarsi, fin quando Alice fece un gesto vago con la mano, chiedendo scusa per il tono.
-Non devi farlo, sono io la stupida.- mormorò Isa chinando appena la testa.
L’altra rimase in silenzio per un po’, quindi si mise seduta più comodamente e disse:
-Mi spiace. Non potrò mai essere quello che speri.-
Isa arrossì per l’ennesima volta e lei continuò conciliante:
-Però potremmo essere amiche. Tu sei molto carina e certamente troverai un ragazzo che ti vorrà bene, uno con i pantaloni.- aggiunse con un sorriso.
-Non mi interessano gli uomini.-
A quella rivelazione, annunciata con tono inequivocabile, Alice la studiò attentamente, prestandole più attenzione del solito e quando Isa alzò lo sguardo, vi lesse tutta la battaglia che dilaniava la sua mente ed il suo corpo e che le ricordò dolorosamente la propria.
-Sei sicura?-
-Io… Sì, credo di sì.-
-Non tutti gli uomini sono mostri.-
-Quelli che ho conosciuto io sì. A parte Morte.-
-Ah, sì, lui è un caso a parte.- concesse con un gesto lezioso della mano. -Ma ti assicuro che non è il solo.- aggiunse con un sorriso.
Isa scosse la testa, strinse le mani a pugno e stava per ribattere, quando un’ombra si materializzò al finestrino alle spalle di Alice e quello che vide la fece impallidire visibilmente.

Il richiamo del silenzio

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