martedì 29 marzo 2011

Il condottiero

Subito dopo la presa di Urbino, Cesare Borgia si ritrova a colloquio con gli ambasciatori fiorentini; io ho semplicemente messo in forma romanzata l'incontro avvenuto secoli fa nel palazzo ducale.
"Altero nel suo indumento nero, il corpo sottile e ben modellato che nascondeva una forza erculea, fissò i due uomini dall'alto in basso, consapevole di incutere soggezione. Il vescovo di Volterra sembrava tranquillo, pronto a intraprendere la discussione notturna, ma Cesare non mancò di notare lo sforzo che faceva per celare l'apprensione. Il suo segretario, un omino smilzo, dagli occhietti tondi e perspicaci in un volto magro e spigoloso, non mostrava segni di inquietudine. Tutt'altro. I suoi occhi scuri brillavano di una luce ammirata, pieni di curiosità e Cesare lo studiò a lungo. Sapeva che entrambi erano lì non solo per discutere ma anche per sondarlo, per capire cosa aveva per la testa e percepì una sottile sagacia nel segretario del vescovo. Doveva stare attento o quell'uomo sarebbe riuscito a entrare nel suo pensiero.
Portò la fialetta di profumo alle narici e iniziò con tono sprezzante:
-La vostra Signoria non ha mantenuto i patti stipulati il maggio scorso e non è mia consuetudine sorvolare su simili ed esecrandi voltafaccia. Se ho chiesto la ripresa delle trattative è solo perché sarà un ultimo esperimento: Firenze deve decidere se mi sarà amica o nemica.-
-Eccellenza,- iniziò Soderini col tono più ragionevole del mondo, -la Signoria vi ha già mostrato la sua...-
-Amica o nemica!- l'interruppe fissando con biasimo la veste episcopale. -Nel primo caso sarà meglio per tutti; nel secondo mi vedrò costretto a declinare ogni responsabilità dinanzi a Dio e agli uomini per i provvedimenti che sarò costretto a prendere. Comprenderete bene che, dato che il mio stato confina con la Toscana, dovrò assicurarmi tali confini. In ogni modo.- aggiunse mellifluo, un sorriso sarcastico sulle labbra.
Soderini sbiancò, deglutì, congiunse le mani e mormorò:
-Firenze non è mai venuta meno agli obblighi presi, anzi: sono qui per ribadire che la Signoria vi tiene in alta considerazione e che gradirebbe mantenere con voi rapporti cordiali.-
Con tono spazientito Cesare rispose:
-Da voi mi aspetto sicurezza, non parole. Se Firenze non vuole patteggiare, sia: continuerò la mia strada senza esitazioni, onde evitare di trovarmi in pericolo. Perché so fin troppo bene che la vostra città non ha buon animo verso di me, anzi: mi lacera come un assassino.-
Il vescovo spalancò la bocca, consapevole di dover difendere la propria città da quelle accuse che sapeva fin troppo lecite e stava per ribattere, quando Cesare riprese con tono più aspro:
-So che siete prudenti e mi comprendete, però ve lo dirò in parole brevi: il vostro governo non mi piace e di lui non posso fidarmi. Dovete cambiarlo...-
Soderini si voltò verso il suo segretario e scambiò con lui un'occhiata attonita. Come si permetteva costui di dire simili frasi? Forse... Forse avevano fatto male a lasciargli l'iniziativa della parola: ora non potevano far altro che cercare di scagionare Firenze e difendersi.
-Dovete cambiarlo,- riprese con tono sferzante, -e una volta mutato, dovrete mantenere fede all'impegno preso con me un anno fa. In caso contrario vedrete molto presto che non intendo continuare a vivere così: se non mi volete per amico, mi avrete per nemico.-
-Ma monsignore... Il nostro governo è degno della massima fiducia e vi ha sempre mostrato amicizia e lealtà.- ribatté Soderini, continuando poi a elogiare la Signoria, dimostrando di saper usare la retorica a menadito.
Cesare ascoltò con distacco, giocherellando con la fialetta di profumo e incurvò le sopracciglia quando il vescovo concluse dicendo:
-Forse si potrebbe fare qualcosa se voleste dare prova della vostra amicizia alla città, magari richiamando da Arezzo il vostro uomo Vitellozzo: egli è una spina conficcata nel cuore di Firenze. Sarebbe un segno della vostra buona volontà.-
-Non aspettate,- scattò Cesare furioso, -che inizi a farvi tali benefici! Perché non solo non li avete meritati, ma li avete demeritati! E comunque,- continuò più pacatamente, -dei fatti di Toscana sono completamente estraneo. Vero è che Vitellozzo è un mio capitano, ma del trattato di Arezzo non ho mai saputo niente.-
Piegò la bocca in un sorriso sardonico e continuò:
-Non sono stato malcontento di ciò che avete perduto, anzi: ne ho avuto piacere.-
I due uomini si guardarono allibiti, intrappolati dal fascino di quell'uomo che trattava Firenze con sommo disprezzo, rallegrandosi dei guai in cui era venuta a trovarsi perché ribellatasi a lui, potente sovrano che dominava la terra. Quelle parole terribili, pronunciate all'interno del palazzo ducale conquistato senza batter ciglio, in un’atmosfera pregna di suggestione, lasciarono i due fiorentini di stucco, impreparati a una simile arringa.
-Comunque,- riprese, -non ho intenzione di carpire chissà che a Firenze. Io,- mormorò più a se stesso che ai due ambasciatori, -non sono per tiranneggiare, ma per spegnere i tiranni.-
Alzò di scatto la testa, lasciando volare i capelli e col tono di chi pensa di essere stato fin troppo esauriente e che non ha altro tempo da perdere, concluse:
-La vostra Signoria deve decidersi senza indugi che non sono più disposto a tollerare.-
I due uomini provarono ad alzare voci di protesta per indurlo a non precipitare le cose e Cesare con gesto secco della mano, disse:
-Tra voi e me non devono esistere mezzi termini: o mi siete amici, o nemici.-
Il tono di congedo non ammetteva repliche e gli ambasciatori si ritirarono scornati.

~

Francesco Soderini camminava nervosamente per la stanza, ripensando al colloquio avuto con il Valentino, incapace di prender sonno. Il suo segretario era seduto al tavolo e stava scrivendo a Firenze tutto quello che era avvenuto, terminando con osservazioni sull'uomo:
"Questo signore è splendido e magnifico, e nelle armi è così animoso che non c'è cosa che gli paia piccola. E per la gloria e per acquistare uno stato mai si riposa, né conosce fatica o pericolo: giunge prima in un luogo, che se ne possa sapere la partenza da dove si leva; si fa benvolere dai soldati ed ha alle proprie dipendenze i migliori uomini d'Italia. E queste cose lo rendono vittorioso e formidabile, aggiunte a una perfetta fortuna."
La firma in calce alla missiva era quella di Niccolò Machiavelli."

giovedì 24 marzo 2011

Condominio o non condominio?

Non so se cento o più anni fa, quando hanno iniziato a fiorire le metropoli, i costruttori si siano mai posti il problema: ma questi poveri disgraziati che saranno costretti a vivere gomito a gomito con altri poveri disgraziati, separati solo da un velo di muro, riusciranno a coesistere pacificamente? Secondo il mio modestissimo avviso, no, il problema non se lo sono minimamente posto. E oggi, che ci riteniamo sviluppati rispetto ai nostri bisnonni, ci consideriamo tolleranti e civili, in realtà viviamo peggio che nel medioevo. Perché? Semplice: abitiamo in condomini.
Già la parola, di per sé, mette paura: casermoni di cemento con abitazioni in linea di massima poco più grandi di una capanna, ma con tutti gli spazi sfruttati al limite dell’immaginabile per poter dare l’illusione di un grande benessere. In realtà, con tutta la nostra tecnologia, con tutta la nostra boria di essere moderni, stiamo messi peggio dei nostri avi. Ma andiamo per ordine.
Per prima cosa analizziamo i punti di forza di abitare in un condominio.
Ehm… Non mettete fretta, ci sto riflettendo… Ah, sì, ecco: non ce ne sono.
Per seconda cosa analizziamo i punti carenti.
Chi è costretto a vivere in un condominio prima o poi (più prima che poi) deve imparare a fare i conti con chi gli abita intorno a trecentosessanta gradi. E badate che anche chi abita al primo e all’ultimo piano sta nelle medesime condizioni. L’unico vantaggio di chi ha la fortuna di occupare un attico, è che non ti senti camminare sulla testa.
Dicevamo: il condominio è una convivenza coatta con gente che magari avresti preferito non conoscere mai, soprattutto se sopra di te viene a vivere il classico ragazzo di campagna, abituato alla mega villa senza nessuno nei paraggi. Chiaramente si sentirà in dovere di fare i comodi suoi a tutte le ore del giorno e della notte e, del resto, come dargli torto? Lui al paesello lo faceva! E nessuno gli rimproverava nulla, perché nessuno gli viveva a fianco. Ma qui, nella progredita città, non si può. O meglio: esiste il regolamento di condominio che disciplina il giusto comportamento e le regole da rispettare. Come? Non sapevate che ogni condominio ha le sue regole? Già, a pensarci bene, chi l’ha mai visto o letto? Eppure il fantomatico regolamento esiste, parola di amministratore. Sarebbe già una conquista se venisse rispettato, ma noi siamo progrediti… ci sentiamo in dovere di espatriare nella libertà altrui senza porci problemi… e ci arrabbiamo se l’invaso osa farci notare che abbiamo esagerato!
Tempi moderni.
Adunque, nel condominio trovi un coacervo di etnie peggio della Torre di Babele. In teoria si dovrebbero conoscere gli occupanti degli altri appartamenti, ma quando gli appartamenti raggiungono il numero di settanta, novanta, cento e passa, è naturale che qualcuno sfugga. E ti ritrovi a salutare il cinese che nel frattempo ha acquistato la casa sopra la tua testa dall’oggi al domani, magari in contanti. Contanti? Sì, avete letto bene: contanti. Personalmente non so neppure come siano fatti quattrocentomila euro in contanti, ma a quanto pare i cinesi lo sanno bene. Oppure un bel giorno decidi che tuo figlio di tre anni deve dare un taglio ai lunghi capelli biondi e quando rientri con lui e la sua testa rapata, trovi la signora che abbassa lo sguardo per osservarlo, sgrana gli occhi allibita e dice: “Ma gli hai tagliato i capelli!”. E tu fissi la signora e ti domandi chi diamine possa essere, perché non l’hai mai vista prima! Però lei conosce bene tuo figlio!
Se poi il condominio è dotato di portierato, allora esiste la mitica figura del portiere. Mitico portiere, che quando occorre qualcosa è sempre presente! Sì, anche quando ti ritrovi in casa un ragno di mezzo chilo e corri a chiamare il portiere perché lo uccida! O quando ti sfreccia un pipistrello in piena serata estiva dietro la nuca e non sai come prenderlo e corri dal portiere! E quando si rompe il termosifone? Niente paura, il portiere risolve sempre tutto. A pensarci bene somiglia a Figaro…
Però esistono anche gli inquilini che odiano il portiere. E allora si innesca una vera e propria guerra psicologica ai danni del poveretto che ogni giorno si ritrova a dover ripulire le schifezze dei civilizzati… Per non parlare dei modi sgarbati e veramente poco civili con cui si rivolgono a quel cristiano che sta lì per nove ore al giorno a pulire e ascoltare le lamentele di centinaia di persone per pochi euro al mese. Quanti, oggi come oggi, farebbero il portiere? Pochi, credetemi, e alla fine li vedi che soffrono tutti di gastrite o di ulcera.
Per non parlare di quei casermoni dove, se ti permetti il lusso di andare una settimana in vacanza, torni e scopri che il tuo vicino ha sfondato una parete e si è appropriato di una delle tue camere! Come? Non è possibile? Oh, sì, che è possibile, potrei citarvi il luogo dove ciò avviene con una certa naturalezza di costume, ma preferisco tacere per mia incolumità.
Per farla breve, in tutto questo contesto, il portiere, lo sconosciuto, i rumori molesti, la sporcizia, l’appropriazione indebita, esiste la ciliegina sulla torta: l’assemblea condominiale!
In teoria ci si riunisce per cercare, insieme all’amministratore, di portare migliorie al condominio e per approvare consuntivi e bilanci o acconsentire taluni lavori. In realtà ci si riunisce per scagliarsi gli uni contro gli altri, in un’arena improvvisata dove vengono sfogate tutte le repressioni psico-sociali di cui noi progrediti soffriamo. Ognuno è arroccato sulle proprie convinzioni e ben pochi accettano idee e risoluzioni provenienti da altri cervelli.
Si comincia con la solita matta (ce n’è sempre una o più di una in un condominio, come una volta c’era il matto del villaggio) che, neppure tutti sono seduti, si scaglia contro l’amministratore vomitandogli addosso ogni ben di Dio, senza un senso logico, senza un perché, ma solo per il gusto di alzare la voce e destabilizzare, istigata da altri cervelli fini che ascoltano soddisfatti in silenzio. E una volta terminata la violenta invettiva, si gira e se ne va, impettita e tronfia come un pavone, lasciando gli astanti allibiti e trasecolati, tranne i due cervelli fini di cui sopra che non si aspettavano altro. Che poi la matta sia la medesima persona che volutamente sporca per far dispetto al portiere è un mero cavillo.
E che dire delle due galline che fanno sempre comunella, pronte a dare sempre e comunque contro l’amministratore e contro ogni buona idea? Le vedi che siedono fianco a fianco e se c’è da votare andando contro gli interessi generali, sono sempre le prime a farlo, appoggiandosi “per solidarietà”, anche quando non sono concordi neppure tra loro. Bellissimo esempio di magistrale stupidità.
E che dire del fermo tentativo di tutti i cervelli fini di revocare l’indennità di cassa al portiere, preferendo “risparmiare” andando a pagare alla posta e versare l’euro contro i pochi centesimi rimborsati al portiere? Ma nessuno ha mai spiegato a queste persone che cosa sia l’economia? Perché a casa mia, se anziché pagare un euro e dieci centesimi di bollettino postale pago cinquanta centesimi al portiere… caspita! Ho risparmiato! Invece no, i cervelli fini pensano l’esatto contrario. Anche questa è una magistrale prova di stupidità e ignoranza.
E che dire del capannello di condomini che ce l’hanno a morte con il segretario che, poveretto, è chiamato solo a trascrivere la seduta? Le accuse, le insinuazioni volano e alla fine, dopo anni che il disgraziato si offre per mancanza di volontari a quel lavoro, si stanca e se ne va, invitando i cervelli fini a prendere il suo posto. E qui scatta la sorpresa: nessun cervello fino si fa avanti. Bene, ora siamo senza segretario e l’amministratore ha un bel da fare a chiedere che uno dei condomini si offra di ricoprire quel ruolo. Ma come? Hanno fatto di tutto per sbalzare il segretario e ora nessuno ha il coraggio di farsi avanti?
Insomma, a guardare bene, il fatto di vivere in un condominio a mio avviso non è una grande conquista sociale, ma un regredire allo stato di australopitechi. Con tutto il rispetto per gli australopitechi.

martedì 15 marzo 2011

Rflessione

"In un certo senso è bello scoprire che alcune civitltà non hanno bisogno di Roberto Benigni per (ri)scoprirsi patriottici, coltivano questo sentimento da quando nascono fino a quando un evento naturale prova ad annientarli ed a spazzarli via. Adesso, pur vivendo il momento peggiore della loro storia recente, rimangono compatti, fermi, uniti e pronti a ripartire più forti di prima. Li vedi fare la fila per l'acqua, per il cibo, per avere notizie di parenti completamente scomparsi dalla loro vista come polvere esposta ad un colpo di vento, li vedi attendere il responso del contatore Geiger come se aspettassero di sapere se hanno vinto ad un gratta vinci, consci però che dal risoltato potrebbe dipendere il futuro dei propri figli e peggio ancora, il futuro!Poi, come se si passasse dalle notizie di cronaca nera a qulle di cronaca rosa, si passa alla tua nazione... ed è proprio in quel preciso istante che ti guardi allo specchio sperando di avere gli occhi a mandorla."
Questo è quanto postato da M.L. Fabi e che io condivido appieno.