domenica 6 febbraio 2011

Stralcio da "Il richiamo del silenzio"

Aprì gli occhi lentamente, non riuscendo a capire cosa fosse successo, ma avvertì subito un malessere vago in tutto il corpo. L'orologio al quarzo indicava le undici di mattina, ma non riuscì a fare il calcolo di quante ore fosse rimasto incosciente. Qualcosa lo stava schiacciando, l'avvertiva all'altezza del petto e con un grosso sforzo alzò un braccio per cercare di liberarsi dal peso opprimente. Affondò le dita in una massa voluminosa di capelli ricci e l'adrenalina gli salì alle stelle. A fatica riuscì a sollevarsi sul sedile e abbassò lo sguardo sulla testa di Alice.
-Ehi, dolcezza... Svegliati, non fare stronzate...- sussurrò debolmente.
Ma lei non si muoveva e Tiziano allungò d'istinto una mano verso il cruscotto per prendere una siringa. Al tatto riconobbe quella giusta, afferrò un braccio dell'amica, tastò in cerca di una vena e iniettò il narcan, sperando di essere ancora in tempo. Attese che il farmaco facesse il suo effetto e nel frattempo cercò di recuperare tutte le facoltà, pulendosi alla meglio dalla saliva che aveva perso. Si guardò allo specchietto e per poco non gli prese un colpo: sembrava un morto redivivo e quello spavento l'aiutò a riprendersi un po'. Sollevò Alice dal suo petto e la stese sul sedile, chinandosi su di lei per vedere se fosse viva. Il cuore non si sentiva, le membra erano gelide e rigide e provò a scuoterla. Quando si rese conto che non reagiva e non usciva dal coma, mise in moto e partì dirigendosi al più vicino ospedale, correndo come un pazzo in mezzo al traffico caotico di Roma, la mano premuta sul clacson per far scansare le vetture, in bocca una litania che alternava tutti i santi del calendario ai turpiloqui più scurrili che avrebbero fatto arrossire uno scaricatore di porto.
Il poliziotto all'entrata lo bloccò e lui si sporse dal finestrino, balbettando concitato:
-Emergenza... L'accettazione donn... uomini... È in overdose...-
L’agente studiò prima lui, poi Alice, infine alzò la sbarra e Tiziano schizzò dentro, sfiorando un paio di pedoni che lo maledirono, quindi frenò bruscamente davanti al pronto soccorso. Si precipitò all'interno, guardandosi intorno in mezzo alla bolgia di gente, artigliò poco gentilmente per un braccio la prima infermiera che gli capitò davanti e trascinandola di peso fuori del reparto disse esagitato:
-Una barella... Sta male… La mia amica sta morendo!-
Dopo il primo attimo di spavento, la ragazza si avvicinò al Suzuki e sbirciò all’interno, rendendosi subito conto della gravità della situazione.
In breve tempo giunsero i portantini, depositarono Alice sulla barella e la dirottarono al reparto donne. Tiziano la seguì e prima che l'infermiera gli chiudesse la porta in faccia riuscì a dirle:
-Ehi, Alice è un uomo... È sieropositiva...-
-Un uomo?-
-Sì... Ho provato a farle un'iniezione di narcan, ma non è servito a niente.-
La ragazza, a occhi sgranati per la sorpresa, corse a fermare i portantini e in un attimo Alice fu dirottata all'accettazione uomini, sotto lo sguardo attento di Tiziano. L'infermiera gli ordinò di aspettare fuori e prima di lasciarlo chiese:
-Sicuro di sentirti bene?-
-Io... Sì, sto bene. Tu pensa a salvare Alice.-
-Ti raggiungo tra un po' per compilare la cartella. Aspettami qui.-
Spossato e al limite delle forze, si lasciò cadere su una sedia, ignorando le occhiate di disgusto, paura e disprezzo che gli lanciava la gente in attesa come lui e iniziò a ingoiare una pasticca dietro l'altra di roipnol. Allungò le gambe, appoggiò la testa al muro e incrociò le braccia al petto dopo essersi messo gli occhiali a specchio. Osservò le persone intorno a sé dall'aria distrutta e con gli occhi rossi di pianto e sospirò. C’era chi se la passava peggio di lui.
Quando l'infermiera riapparve facendogli cenno di seguirla, si alzò e si ritrovò in una stanzetta asettica, piena di fascicoli, cartelle, garze, siringhe, tubetti, provini, cotone, forbici e una marea di altre cose. Un portantino stava sistemando alcuni flaconi in una vetrinetta e riconobbe il metadone.
-Accomodati.- invitò la ragazza sedendosi a sua volta alla scrivania e prendendo una cartella bianca. -Mi occorrono le generalità del tuo amico.-
-Del mio amico?- ripeté senza capire, distogliendo l’attenzione dalla vetrina di fronte a sé.
-Di... Alice.-
-Ah!- esclamò lasciandosi cadere sulla sedia. -Si chiama Alice, è nata nel 1969, ha iniziato a fumare nel 1983, a farsi nel 1985, ha contratto l'HIV, è sifilitica, ha continue crisi epatiche...-
-Ehi, calma! Ok? Andiamo per ordine. Voglio sapere il suo vero nome.-
-Alice.-
-Il vero!-
-Alice.-
L'infermiera inspirò profondamente, ammonendosi di non perdere la calma e ripeté picchiando l’indice sulla cartella:
-Io qui devo scrivere il suo vero nome, capisci?-
-Ed io ti ripeto che lei è Alice. Alice e basta.- ribatté Tiziano guardandosi intorno.
-Ok. Alice, allora.- accettò rassegnata.
Il portantino gli lanciò un’occhiata di sbieco ma non disse nulla, mentre un paio di dottori, con fonendoscopio intorno al collo, entrava parlottando di un paziente con poche speranze di sopravvivenza, ignorando volutamente i presenti. Dopo averli squadrati e reputati inoffensivi, Tiziano tornò a concentrarsi sull’infermiera e chiese preoccupato:
-Come sta?-
-Hai detto che è nato nel '69?- domandò la ragazza facendo finta di non averlo udito.
-Come sta?-
-Le domande le faccio io! Ha vent’anni, vero?- sbottò esasperata, pensando che quella mattina ne aveva già viste e sentite troppe per dar retta pure a un tossico.
-Sì.-
-Cosa si inietta oltre all'eroina?-
-Cocaina.-
-Il tutto in quantità?-
-Non meno di due grammi al giorno.- rispose vagamente, fissando la penna che correva veloce sulla cartella prendendo appunti.
-Da quando è in overdose?-
-Da ieri sera.-
-Perché non l'hai portato prima?-
Tiziano abbozzò un sorriso e si sporse sulla scrivania, alitandole in faccia:
-Perché mi sono risvegliato solo un'ora fa dopo l'ultima colossale pera.-
L’infermiera si scansò istintivamente e domandò:
-E gli hai iniettato tu il naloxone?-
-Il narcan, sì.- rispose a detti stretti. -Ma a te che cazzo te ne frega?- ribatté riappoggiandosi allo schienale della sedia.
-Devo sapere tutto di lui. Come ti procuri il naloxone?-
-Senza offesa, ma sono cazzi miei.-
L’infermiera picchiettò la penna sul tavolino e infine chiese:
-Quando ha saputo di essere sieropositivo?-
-Poco tempo fa.-
-Quanto?-
-Due mesi, tre, quattro, un anno, che differenza fa?- sbottò adirato.
-Genitori?- chiese esasperata, insofferente alla ritrosia di Tiziano e alla puzza che emanava.
-No.-
-No, cosa? No, non li ha, oppure no, non li conosco?-
-No e basta.-
-Cosa fa per vivere?-
-Marchette.-
A quella risposta l'infermiera alzò rapidamente gli occhi dalla cartella e lo scrutò a lungo. Tiziano si raddrizzò sotto quell’esame e sogghignando disse:
-Hai capito male, dolcezza: io sono normale in tutti i sensi. Non me la faccio con Alice.-
-Non ti ho chiesto niente. Dove abita?-
-Con me.-
-Dove?-
-Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino.- rispose caustico. -Insomma, mi vuoi dire come cazzo sta? A che ti servono queste stronzate se dovete dimetterla?-
-Stavolta hai capito male tu: il... la tua amica la ricoveriamo perché non esce dal coma. Hai capito?-
Tiziano la fissò trasecolando, sbatté le palpebre come per schiarirsi le idee e ripeté:
-In coma? In coma? Non siete riusciti a svegliarla?-
-No. Quindi rispondi alle mie domande senza fare lo spiritoso. Domicilio?-
-In coma... È ancora in coma... Che significa? Morirà?-
-Non lo sappiamo.-
-Non lo sapete?-
-No. Dove abita?-
-A ’fanculo abita! Mi dici a che cazzo ti serve saperlo se poi lei morirà?- urlò balzando in piedi e battendo i pugni sul tavolo con una violenza dettata dalla paura.
La ragazza sobbalzò per lo spavento e lo guardò dritto in faccia, mentre il portantino si avvicinava alla scrivania con aria cupa, pronto a difendere l’infermiera e i due dottori si giravano allibiti a guardarlo.
-È inutile che ti scaldi.- cercò di placarlo con il tono più professionale che riuscì a trovare. -Di là stanno facendo il possibile per salvarlo, quindi calmati.-
-Voglio vederla.-
-Impossibile.-
-Voglio vederla!-
-Impossibile!-
Tiziano esitò un attimo, lasciò vagare lo sguardo sugli uomini presenti, quindi sorrise e se ne andò come un diavolo. L’infermiera lo rincorse, ma lui salì sul Suzuki e sparì così come era apparso.

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