mercoledì 26 ottobre 2011

"Il Condottiero" su una tesi di laurea.

Monica Valentini è autrice de Il Condottiero, l’ultima opera presa in esame all’interno di questa trattazione. Come si è avuto modo di vedere, questa biografia romanzata intraprende una via che potrebbe essere definita anti-mitica, nel senso che si pone nella direzione opposta al filone che ha creato e alimentato il mito borgiano.
L’autrice affronta l’ostico tema della vita del Valentino dal punto di vista storico, cercando di tralasciare tutte le vicende inventate o romanzate nel corso del tempo su Cesare Borgia; dunque sarà opportuno ed interessante scoprire fino a che punto ella ha raggiunto il suo obiettivo, conoscere le difficoltà incontrate durante il percorso e sapere il motivo che l’ha spinta a scrivere ancora una volta, dopo tanta produzione letteraria diffusasi nel corso dei secoli, di questo personaggio così misterioso. Per far ciò, dopo aver letto il libro ed analizzato il testo, uno strumento privilegiato è senza dubbio l’intervista diretta all’autrice. Monica Valentini si è prestata molto gentilmente a rispondere ad alcune domande, che verranno qui riproposte fedelmente, ringraziandola per la sua disponibilità.
Come le è venuta l’idea di scrivere un romanzo su Cesare Borgia?
A dire il vero, all’inizio non pensavo affatto di scrivere un romanzo su Cesare Borgia; mi limitavo a leggere. Ma quanto più leggevo, tanto più prendevo coscienza delle varie interpretazioni che ogni autore dava al singolo personaggio di casa Borgia e a quel punto mi sono detta che, forse, bisognava fare un po’ di luce basandosi sui documenti arrivati sino ai nostri giorni.
In che modo ha conosciuto il Valentino?
In un modo “moderno”: uno sceneggiato TV intitolato “I Borgia”. All’epoca ero ancora adolescente e rimasi folgorata dall’interpretazione di Oliver Cotton, tanto che iniziai immediatamente a collezionare libri e romanzi sui Borgia.
Cosa l’ha colpita di questo personaggio storico?
All’inizio sicuramente l’alone di mistero, che tuttora lo avvolge. In seguito la scoperta che, precursore dei tempi, desiderava creare uno stato unito per contrapporlo alla crescente potenza di regni come la Francia e la Spagna.
Cosa l’ha spinta ad intitolare il suo romanzo “Il Condottiero”?
Il semplice fatto che Cesare Borgia, in fin dei conti, è stato un principe condottiero, uno di quelli che, come si direbbe oggi, combatteva in prima linea. E, nondimeno, perché l’aiuto concessogli dal re di Francia era l’equivalente di una condotta, seppur personale.
Che studi ha affrontato per la stesura del libro?
Ho letto molti testi, a partire dalla “Lucrezia Borgia” del Gregorovius e della Bellonci, al “Cesare Borgia” del Fusero e del Sacerdote, alla “Roma dei Borgia” di Apollinaire, al “Principe” di Machiavelli e via dicendo.
C’è un particolare che ha trovato di frequente nelle sue fonti che l’ha colpita maggiormente?
Sì, che si passa dall’adulazione alla maldicenza, secondo i sentimenti di chi scrive, senza tentare una minima interpretazione dei documenti.
Che spiegazione si è data dell’esistenza di un così diffuso mito nero sul Borgia?
L’unica spiegazione plausibile, a mio avviso, sta nella mancanza di fonti, ossia, i documenti ci sono, ma in numero così esiguo che si fa fatica a cercare di ricostruire la realtà. Del resto, se i Borgia fossero riusciti nel loro intento, oggi apparirebbero sotto una luce aurea. Ma tant’è: guai ai vinti, perché la Storia la scrive chi vince e in questo caso ha vinto Giulio II, osteggiando prima e poi abbracciando e proseguendo la politica di Alessandro VI e del Valentino.
Sente di aver ricostruito una biografia piuttosto fedele? Ritiene di aver restituito giustizia alla realtà storica, oppure teme di essere caduta in una delle intricate maglie che costituiscono la leggenda dei Borgia?
Sui Borgia esiste tutto e il contrario di tutto; nonostante ciò spero, onestamente, di essere riuscita a riportare solo i fatti, sebbene debbo ammettere che la figura di Cesare Borgia eserciti su di me un certo fascino.
A differenza di altri romanzieri, lei non fornisce nessuna risposta, ma preferisce insinuare dei dubbi riguardo ad alcune vicende controverse. Come mai ha fatto questa scelta?
Quando si decide di scrivere una biografia, sebbene romanzata per renderla più accessibile al grande pubblico, non si dovrebbero scrivere falsità, bensì attenersi a quello che si sa per certo, senza scendere nel sensazionale. Ho volutamente lasciato in sospeso alcuni lati oscuri della famiglia Borgia, proprio per mancanza di fonti certe.
Che rapporto immagina ci sia stato tra i vari membri della famiglia Borgia?
Un immenso amore familiare.
Chi ritiene essere l’assassino di Juan di Gandía?
Probabilmente non lo sapremo mai con certezza e fintanto che non salterà fuori un documento vero, preferisco pensarla come Alessandro VI: gli Orsini.
Chi pensa sia stato il colpevole dell’omicidio di Alfonso d’Aragona?
Considerato il momento politico che stava attraversando la Chiesa, le varie alleanze suggellate in quel periodo verso la Francia, ritengo plausibile che il mandante fosse Cesare Borgia. Non dimentichiamo che Lucrezia era stata data in sposa al principe spagnolo prima che la scelta politica del Valentino e del papa ricadesse sulla Francia; pertanto il legame con la Spagna andava reciso. Nulla di personale come si vuol far credere, bensì solo un freddo calcolo delle circostanze.
A suo parere cosa rappresenta Cesare Borgia nel quadro della storia rinascimentale italiana? E nella letteratura italiana e straniera?
Nel quadro del Rinascimento ha rappresentato una meteora, un sogno che, se avverato, avrebbe forse cambiato il nostro paese: da terra di conquista perché lacerato in tanti potentati che si facevano guerra tra loro, a stato forte e autonomo. Non ci sarebbero state invasioni né dominazioni e non ci sarebbe stato un Risorgimento per liberarci dagli austriaci. Nella letteratura, a mio avviso, ha contribuito a creare il fascino del “bello e dannato”.
Quanto influito il mito nero di Cesare Borgia nel suo interessamento a questo personaggio storico?
Molto. Ma è un nero che si sta schiarendo e di questo non posso che esserne felice.
... Ringrazio infine Monica per aver scritto un libro sincero sul Valentino, per aver risposto alla timida mail di una sua lettrice, per aver voluto instaurare un rapporto sereno e splendido con la sottoscritta, per l’infinità di consigli che mi ha dato, per essere sempre arrivata al momento giusto con l’aiuto giusto, per essere così tanto disponibile e gentile da volere, ancora una volta, condividere con me la gioia di questa tesi. A lei devo molto: ha letto tutti i miei dubbi ed i miei pensieri arzigogolati su Cesare ha risposto a tutte le mie domande ed alle mie curiosità, ha parlato a lungo con me di una passione che ci accomuna riempiendomi di splendidi doni.
25 ottobre 2011, Chieti. Università degli studi “G. D’Annunzio”, facoltà di Lettere e Filosofia. Corso di Laurea magistrale in Linguistica, Filologia e traduzioni letterarie.
Maria Iezzi.

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